Si è appena conclusa la convocazione mondiale della Self Realization Fellowship, l’organizzazione fondata da Paramahansa Yogananda, e l’occasione mi ha riportato alla memoria, l’esperienza ancora vivida della mia visita nei luoghi del grande maestro indiano in California. Strano destino quello dei rishi, quello di trovare casa in California, nella patria della beat generation, nei luoghi cari a Henri Miller e Jack Kerouac, nella San Francisco della Summer of Love come Baktivedanta Prabhupada o più giù, a Los Angeles ed Encinitas per Yogananda.
Una generazione che rinnegava il perbenismo «che è solo far carriera», per dirla come Guccini, rinnegava i padri che avevano ucciso Dio nel modo più miserabile, cioè vendendo l’anima al capitalismo, mettendo a questo Dio la veste della mercificazione, ignorando il messaggio di Gesù nel tempio. Quella generazione volgeva gli occhi a Oriente e l’Oriente è venuto in Occidente, in una sorta di globalizzazione spirituale in fieri.
In questi giorni è in Italia (a il 15 e 16 agosto a Prabdhupadadesh di Albettone, Vicenza) un grande santo di questi tempi (tempi che conoscono tanti ciarlatani e pochi santi): si tratta di Radhanath Swami, autore di un libro che consiglio, Ritorno a casa - Biografia di uno swami americano (Eifis Editore). È un libro bellissimo perché racconta dal di dentro le spinte più sane di quella generazione, l’ideale di un ragazzo diciannovenne che è diventato idea e poi realtà, perché oggi quello yankee arrivato in India in modo rocambolesco e senza un dollaro in tasca è l’artefice del Govardhan Ecovillage, del Baktivedanta Hospital, di un progetto di educazione gratuito per oltre un milione di bambini, di un orfanotrofio, di una scuola e di un nuovo modo di intendere la bhakti, la via yogica devozionale.
Penso ai tanti centri sorti grazie all’ispirazione di Yogananda. Sette anni fa, andai a Lake Shrine, un angolo di paradiso nel caos di Santa Monica e di Sunset Boulevard. Ho avuto la fortuna di averlo visitato con Paul Whitehead, autore delle più belle cover dei Genesis e quell’esperienza è raccontata nel libro Yogananda mi ha cambiato la vita. Ma ho conosciuto centri ispirati a Yogananda anche qui in Italia e non solo la ben nota Ananda Assisi, ma anche, recentemente, la sua costola del Nord, l’ashram diffuso di Ananda Giri a Guardabosone (Vercelli) nato grazie all’ideale sociale e spirituale di una coppia di persone buone e intelligenti, Cesare Janaka e Bharati; e il Kriya Yoga Stella di Albisola (Savona), fondato da Barbara Zanella e Claudio Massettina assieme a Swami Nirvanananda Saraswati e Judith Listte, del ramo di Roy Eugene Davis, discepolo laico e buono di Yogananda. Un luogo in cui la devozione e lo yoga si coniugano con una libertà intellettuale rara da incontrare.
C’è bisogno di luoghi in cui rifugiarsi e ritrovare il centro, in cui essere accolti senza “ismi”, accettati e amati per quello che siamo. I messaggi dei maestri non ci appartengono (anche se talvolta le organizzazioni a loro ispirate diventano luoghi di regole e diktat), i maestri – quelli veri – hanno regalato al mondo la loro vita perché noi trovassimo il bandolo della nostra Storia. Il nostro compito, per onorarli veramente, è quello di regalare insegnamenti e luoghi alle persone alla ricerca del Sé, bisognose di un conforto, di una direzione, di una “casa spirituale” in cui crescere. Per dirla alla maniera yogica, abbiamo bisogno della loro ispirazione per andare oltre manas, per lasciare che il Purusa illumini la buddhi, per uscire dal mito di “pace, amore e natura” e scoprire la pace del profondo, l’amore che non si definisce, la fusione nella natura.
Perché siamo un Universo e sull’“Enteprise” della tradizione Yoga non ci possiamo perdere più.
Buona estate a tutti.
Mario Raffaele Conti